L'IMPORTANZA DELLA PAROLA NELLA PERSONA AFFETTA DA MALATTIA DI ALZHEIMER

Ho seguito un seminario tenuto dal dott. Pietro Vigorelli presso l'Associazione Goffredo De Banfield di Trieste. E' da 6 anni che mi occupo di problematiche associate al decadimento demenziale e lo scorso anno avevo già seguito un corso multiprofessionale tenuto dal dott. Vigorelli a Milano che mi aveva fatto entrare nel mondo delle parole e della conversazione possibile con i malati di Alzheimer come metodologia utilizzabile in questo tipo di malattia.

Pietro Vigorelli è considerato uno dei maggiori esperti italiani nella cura degli anziani ed ha appena pubblicato con Rizzoli il libro "Alzheimer senza paura": si tratta di un manuale di aiuto per familiari dove viene proposto un metodo, ricco di esercizi pratici che insegna a mantenere vivo il dialogo con le persone che soffrono di questa malattia. Secondo l'autore, è dunque possibile comunicare con il malato e la conversazione diviene dunque una terapia: attraverso regole precise e con un uso calibrato della parola e dell'ascolto è possibile instaurare una relazione positiva tra i due conversanti.

Già Watzlawick nella "Pragmatica della comunicazione umana" aveva spiegato, attraverso una serie di assiomi alcune regole fondamentali della comunicazione: 1 E' impossibile non comunicare. 2 La punteggiatura può determinare il senso della comunicazione 3 Gli essere umani comunicano sia in modo "digitale" che "analogico" (per distinguere la comunicazione verbale e non verbale) 4 Ogni interazione è simmetrica o complementare

Non possiamo quindi farne a meno ...coscientemente o non, comunichiamo con gli altri interagendo. Viviamo attraverso il nostro comportamento e ci esprimiamo attraverso il rapporto con gli altri: siamo talmente in interazione che una qualsiasi modificazione di ciascuno di noi comporta una modificazione di tutti gli altri.

Ogni comunicazione inoltre avviene contemporaneamente sia sul piano del contenuto, cioè il significato oggettivo delle parole che sul piano della relazione, cioè le informazioni sulle persone che comunicano, che cosa uno è per l'altro, come si vivono (tutto inviato con la comunicazione non verbale); il messaggio di relazione non è l'oggetto della comunicazione, ma ne costituisce lo sfondo e influisce molto sul contenuto.

Provate a dire "sono molto contenta di vederti" con un'espressione sfacciatamente triste: che reazione avrebbe la persona che vi sta di fronte? Siamo in genere molto attenti a controllare la congruenza tra il contenuto della comunicazione ed i segnali non verbali dell'interlocutore: la congruenza convince mentre l'incongruenza rende instabile il rapporto e genera disagio ed incredulita'.

La comunicazione non è quella che si invia, ma quella che l'altro interpreta: feedback verbale, ma ancor di più non verbale dell'altro; non è l'intenzione che conta ma il risultato ottenuto.

Infine se analizziamo il conversazionalismo esso distingue nell'attività di linguaggio due funzioni autonome: la funzione comunicativa che garantisce la competenza di inviare e riconoscere messaggi ricevuti, di capire ed essere capiti e la funzione conversazionale che presiede alle possibilità di scambiare parole più o meno felicemente, anche senza capire ciò che si dice, indipendentemente dallo scopo di produrre informazioni.

Con i primi sintomi della malattia di Alzheimer la funzione comunicativa si frammenta conducendo alla dolorosa sensazione che gli interlocutori del paziente avvertono, di non capire e di non essere capiti; la funzione conversazionale fino a fasi molto avanzate si conserva miracolosamente intatta con la possibilità per il paziente di intrattenere conversazioni in cui le regole della cortesia conversazionale sono osservate.

Nella mia pratica clinica, come psicologa e psicoterapeuta ho provato a seguire le indicazioni conversazionali del dott.Vigorelli e mi sono resa conto di quanto spesso le conversazioni con i malati di Alzheimer si interrompono non a causa della loro incapacità nell'esprimersi, ma a causa quanto io stessa avevo detto precedentemente all'interruzione.Con la modalità diCONVERSAZIONE proposta dal dott. Vigorelli si mette in atto un processo terapeutico nel quale il paziente viene riconosciuto come interlocutore, viene valorizzato e gli viene restituita la dignità di uomo.

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