Corso 

"IL BAMBINO E GLI ADULTI"


Tratteremo:

- La genesi del legame tra bambino e genitori

- Stili di attaccamento

- Ruoli genitoriali: il padre e la madre

- I genitori come fonte di autorità e come modello da imitare

- Esercitare la cura responsabile: i compiti di sviluppo come genitori

- Diversi stili educativi e i loro effetti sui bambini

Spesso tutti noi ci concentriamo sulle componenti della vita mentale del bambino, tralasciando quasi completamente il contesto interpersonale in cui il bambino si trova ad agire.

Qui prenderemo in esame proprio le sue azioni allargando il discorso al tema dello sviluppo del suo mondo sociale: tutto ciò che il bambino fa può essere esaminato in una prospettiva sociale.

Ad esempio la nazionalità o l'appartenenza ad una classe sociale, cioè qualunque aspetto di ciò che definiamo ambiente culturale, può essere chiamato in causa come fattore esplicativo di vari aspetti dello sviluppo.

        1°lezione: Il mondo sociale del bambino

Per "sociale" si intende la tendenza a vivere in società e l'uomo è un animale sociale, è l'interazione diretta dell'individuo con una o più persone.

Vi sono principalmente 3 prospettive diverse:

  • Quella comportamentista per la quale i rapporti del bambino con gli altri è anche stato visto come causa delle modificazioni, sul piano intellettuale, emotivo e relazionale, che si possono osservare man mano che il bambino cresce e l'ambiente sociale in cui il bambino vive è considerato una fonte di informazioni, soprattutto di premi e punizioni che incoraggiano certi comportamenti, inibendone e promuovendone altri e determinando a lungo andare i diversi modi di agire del bambino alle varie età.

Lo sviluppo individuale è il risultato della pressione dell'ambiente sul singolo, il quale viene modellato e indirizzato fino a divenire un membro adulto della sua comunità. Il bambino è un essere non ancora sociale, e diverrà tale solo per effetto dell'ambiente che lo modella.

  • Quella cognitivo-evolutiva per la quale le interazioni sociali sono determinate, almeno in parte, proprio dallo sviluppo individuale e in particolare dalle diverse abilità e conoscenze che il bambino ha via via acquisito: a nessuna età l'individuo è un recettore passivo degli stimoli ambientali, ma il bambino interagisce con l'ambiente modificandolo oltre che venendone modificato.

Per Piaget lo sviluppo cognitivo avviene in una sequenza stadiale che è il risultato di un'interazione tra gli schemi già elaborati del soggetto e i nuovi derivanti da nuove situazioni che via via egli affronta.

  • quella etologica che è più recente per la quale osservando il comportamento, si è cercato di identificare gli schemi di azione innati che costituiscono la base filogenetica dell'adattamento all'ambiente, allargando così il campo di conoscenze sulle abilità sociali che il bambino dispone fin dalla nascita

Ce ne sono anche altre che in questo contesto tralascerò per non sovraccaricare di troppa teoria.

Tratteremo invece la genesi del legame tra bambino e genitori.

A causa della sua immaturità fisica e psicologica il bambino dipende a lungo per la sua stessa sopravvivenza dal sostegno degli adulti e può vivere solo se rimane in stretto contatto con qualcuno che si occupi di nutrirlo, pulirlo, proteggerlo, confortarlo.

Ma come si costituisce tale legame? Ci sono principalmente 3 teorie che lo spiegano:

1) la teoria dell'apprendimento sociale: il bambino associa alla madre o a chi lo nutre le sensazioni positive generate dalla soddisfazione del bisogno primario della fame e così la madre acquista un valore intrinseco e il bambino cerca il contatto con lei anche quando non ha fame. Ampliando: L'adulto è un erogatore non solo di cibo, ma di stimolazioni: sceglie come oggetto privilegiato quegli adulti che più consistentemente forniscono stimolazioni soddisfacenti.

2) la teoria psicoanalitica di cui prendiamo in esame 2 autori:

a. SPITZ per l'instaurarsi del legame privilegiato (definito relazione oggettuale) sono importanti le esperienze positive legate in particolar modo all'allattamento, con un ruolo essenziale delle tendenze maturative associate alla mediazione cognitiva: ad es. deve esserci un certo grado di sviluppo della memoria perché il bambino sia in grado di riconoscere la madre distinguendola da altri.

b. MAHLER: il legame che si osserva tra un bambino di 1-2 anni e la madre è il risultato di un processo di sviluppo che parte da un'unità psicologicamente indifferenziata nella quale successivamente si distinguono i due poli della diade che funziona in modo simbiotico: da questa simbiosi il bambino emerge, con l'aiuto della madre stessa oltre che in virtù della propria maturazione, come individuo a se stante, ma resta collegato alla madre come figura di riferimento privilegiata: questo è il processo di individuazione-separazione, poiché la costruzione da parte del bambino della propria identità va di pari passo con la separazione dalla madre e la conquista dell'autonomia.

3) la teoria etologica: vi è un fondamento biologicamente determinato nel legame bambino-genitore e il bambino fin dalla nascita è dotato di un repertorio di comportamenti - soprattutto le espressioni emotive - che hanno la funzione di creare nell'adulto sentimenti e azioni protettive; il bambino può a sua volta cogliere selettivamente quei comportamenti e a reagire in modo appropriato, originando quel rapporto di vicinanza e assistenza definito attaccamento.

                2°lezione: Gli stili di attaccamento

È un argomento complesso e difficilmente riassumibile, ma proverò a considerare le cose che qui più ci possono interessare.

Partiamo dall'assunto che non possiamo dimenticare che le relazioni sociali e i modelli mentali del bambino si organizzano a partire dalle prime esperienze affettive con le figure di accudimento e, in particolare, con la madre.

Per la teoria psicoanalitca classica il bambino sviluppa un legame di attaccamento con la madre in quanto essa gratifica i suoi bisogni fisiologici e la motivazione sociale quindi è una pulsione secondaria derivata dalla gratificazione delle pulsioni primarie.

Successivamente Bowlby, che era di formazione psicoanalitica, ma era anche aperto a influenze di natura etologica e cibernetica, spiega il legame madre-figlio con la teoria dell'attaccamento: il bambino non si legherebbe a una persona, e in particolare alla madre, perché questa gratifica la sua pulsione orale, ma per un bisogno primario, a base genetica, di vicinanza fisica ed emotiva; la motivazione sociale e, in particolare, la predisposizione a ricercare e mantenere il contatto con una figura specifica, costituirebbe pertanto una pulsione primaria e non derivata. Il legame madre-figlio si costruisce a partire dalla soddisfazione di un bisogno primario di contatto, di vicinanza fisica ed emotiva con la figura responsiva e la rispondenza emotiva che si crea tra adulto e bambino l'aspetto che sembra maggiormente condizionare la qualità del legame che si instaura tra i due.


Non vi sono molti dati sul legame genitori e figli dopo la prima infanzia (3-5 anni), ma i comportamenti cruciali per il crearsi di un attaccamento sicuro nella prima infanzia, cioè sensibilità, accettazione, cooperazione, disponibilità, sono importanti nel favorire una transizione senza scosse a forme più mature di attaccamento.

Ma cosa intendiamo per forme più mature di attaccamento?

Dopo la prima infanzia:

  • diminuisce la ricerca del contatto fisico
  • diminuisce la tendenza di stare attaccati alla madre
  • tollerano meglio dei periodi di separazione
  • non hanno bisogno di rassicurazione per poter interagire con altre persone
  • si instaura un rapporto cooperativo che consente al bambino di funzionare adeguatamente anche quando la madre non è presente
  • vi è un buon livello di comunicazione così che il comportamento di ciascun partner - e particolarmente della madre per il bambino - sia accessibile e relativamente prevedibile per l'altro e si basa sulla reciproca fiducia che lo stato di cose attuale non sarà modificato
  • il bambino diventa più indipendente, ma ciò non significa un rapporto di parità: è sempre l'adulto che deve prendersi cura del bambino e non viceversa
  • questo rapporto richiede al bambino l'uso di capacità cognitive ed emotive più complesse, e tale progressione avviene lentamente con alti e bassi, con grandi differenze da bambino a bambino; ad es. un bambino di 4-5 anni avrà spesso bisogno di manifestazioni concrete di conforto o della vicinanza fisica della madre quando si presentano circostanze esterne difficili o quando sperimenta stati d'animo penosi

I genitori dei bambini di questa età dovrebbero favorire nel bambino un comportamento più autonomo, scoraggiarne la tendenza a dipendere in tutto e per tutto dagli adulti, ma senza generare nel bambino l'impressione di un rifiuto o di un abbandono.


     3°lezione: I ruoli genitoriali: il padre e la madre

MACCOBY in uno studio intervista delle madri: chiedendo loro ad esempio "Il bambino richiede molta attenzione da parte sua? Vuole stare spesso vicino a lei? Come reagisce quando viene lasciato da altre persone?" e poi andava ad osservare come le madri reagivano ai comportamenti dei loro bambini.

Le reazioni negative di alcune madri di fronte alle richieste di attenzione del loro bambino aveva l'effetto di produrre un'insicurezza ancora maggiore e ulteriori richieste; lo stesso avviene quando un genitore non si limita ad ignorare le richieste del figlio, ma reagisce con una punizione.

Se i tentativi di approccio da parte del bambino, a torto o a ragione considerati esagerati da parte del genitore si scontrano con un atteggiamento ostile del genitore, il bambino anziché allontanarsi diviene ancor più insistente, interpretando tale comportamento come un'ansiosa ricerca di rassicurazione sul mantenimento del rapporto con i genitori: rischia di stabilirsi così un circolo vizioso che inibisce o distorce lo sviluppo sociale.

E il padre? Viene spesso trascurato.

Ma padre e madre svolgono funzioni interscambiabili, o il loro ruolo è complementare?

Diversi studi sono concordi nell'affermare che hanno la stessa importanza, ma svolgono ruoli diversi: la madre provvede alle necessità del bambino, mentre il padre interviene nelle funzioni di gioco. Generalmente anche le madri lavoratrici mantengono un ruolo prevalente nella cura dei figli rispetto al padre: una ricerca in Svezia su padri separati ha mostrato che essi dedicavano ai figli una quantità minore di interazioni positive rispetto alle madri.

Un altro studio sull'effetto che ha sui bambini la qualità del rapporto tra i genitori ha evidenziato:

  • l'importanza del sostegno psicologico del marito per l'accettazione della gravidanza e del ruolo materno da parte della donna sia prima che dopo il parto
  • la disgregazione del rapporto di mutuo sostegno tra i genitori, continui litigi, l'abbandono di uno dei 2, il divorzio, hanno effetti negativi sull'adattamento psico-sociale dei figli, anche peggiori di quelli che possono verificarsi se uno dei genitori muore. Il conflitto aperto tra genitori è causa di ansia nei bambini e impedisce loro di appoggiarsi fiduciosamente ai genitori

Quanto è difficile "vedere il bambino" e valutarne correttamente le capacità e i limiti? Vi sono 2 modi:

a) modo socializzante: oggi vi è ancora e spesso l'idea che il bambino deve essere trasformato in essere sociale mediante varie forme di pressione e persuasione

b) modo aiutante: il bambino sa meglio dei genitori quali sono i suoi bisogni nelle varie fasi della sua vita, ma questo modo di allevare il bambino non è semplice per i genitori che devono mettere a disposizione del bambino molte risorse fisiche ed emotive soprattutto nei primi 6 anni di vita, non solo giocando con lui, ma anche tollerando le sue regressioni, stando al passo con la sua crescita emotiva ed intellettuale.

Questo modo aiutante stenta a farsi strada nella nostra società per vari motivi:

  • a causa di un'ignoranza: a parte il periodo in cui i loro bambini sono piccoli, gli adulti in generale non hanno occasioni di interagire con i bambini

vi è una rigidità di atteggiamento, che tende a far vedere il singolo bambino non tanto per quello che è come individuo, ma per come si pensa debba essere in riferimento ad un canone astratto, la "normalità", che altro non sarebbe che un insieme di aspettative con una tendenza a sottovalutare le capacità dei bambini di età prescolare e a sopravvalutare invece quelli in età scolare; con la scolarizzazione il bambino viene assimilato all'adulto, da cui si distingue solo perché sa qualcosa in meno.

4°lezione: I genitori come fonte di autorità e i genitori come modello da imitare

Prima parte

Una delle caratteristiche che contraddistinguono la relazione genitori-figli rispetto ad altri tipi di rapporto affettivo è la durata attraverso il tempo e a dispetto dei cambiamenti profondi che investono i partners (crescita, invecchiamento, costituzione di altri legami, assunzione di nuovi ruoli).

Questa resistenza è assicurata dal forte obbligo che caratterizza il ruolo di genitore, ma suo fondamento è in verità il bisogno del bambino - obbligo del genitore/ bisogno del figlio: comunque siano i genitori, il bambino non ne può fare a meno, mentre è vero il contrario.

Vi è dunque una profonda asimmetria nella relazione adulto-bambino e l'enorme differenza tra l'uno e l'altro polo di questo rapporto in termini di competenza e potere. Nell'assumersi l'onere di provvedere alle necessità del bambino, l'adulto si pone comunque come colui che detta le regole del gioco ed è proprio la disparità di potere sociale dell'adulto rispetto al bambino che determina l'autorità del primo nei confronti del secondo.

Se la funzione di sostegno svolta dai genitori implica dalla parte del bambino una situazione di dipendenza, l'autorità comporta l'obbedienza e questa situazione è piuttosto chiara non solo all'adulto, ma anche al bambino.

Per Piaget è solo verso la fine della fanciullezza che i bambini superano l'atteggiamento di rispetto unilaterale per l'autorità.

Scuola di Palo Alto - Watzlawik, Jackson: il modo di rapportarsi del bambino all'adulto è stato definito " reciprocità complementare": la partecipazione dei bambini in questa relazione è ristretta, piuttosto che imporre liberamente delle iniziative o reagire in modo da controllare le interazioni, i bambini producono iniziative e reazioni che collimano con le direttive proposte dagli adulti e nei pochi casi in cui prendono delle iniziative, si aspettano che gli adulti dicano loro se quelle azioni sono appropriate ed accettabili. Essi costruiscono la loro parte nell'interazione attorno alla parte dell'adulto, come seguaci piuttosto che come leaders.

L'iniziativa dei bambini consiste nel conformarsi spontaneamente ai desideri dell'adulto e la gentilezza dell'adulto o si risolve in quella funzione di aiuto e supporto che è l'imperativo socialmente assegnato al ruolo, o costituisce una deroga momentanea dalle regole generali del rapporto, come quando il grande si mette alla pari del piccolo giocando con lui.

L'autorità dei genitori costituisce una forte spinta per il bambino a conformarsi a quelle regole e modi di fare che la famiglia fa propri dal più vasto ambiente sociale che la circonda.

Ma il comportamento del bambino è influenzato anche in un altro modo, meno esplicito ma altrettanto potente, che si fonda sulla tendenza del bambino a prendere gli adulti, soprattutto quelli con cui ha interazioni più frequenti, come modelli: ciò avviene tramite i processi di imitazione e di identificazione: la prima è l'acquisizione di specifici comportamenti motori esteriori (es. quando un bambino cammina con la stessa andatura del padre); la seconda è l'acquisizione dei principi cognitivi, influenza il modo di pensare (es. quando un ragazzo esprime le stesse idee politiche di suo padre)

Ma perché il bambino imita o si identifica con gli altri?

a) per una tendenza naturale: teoria psicoanalitica e teoria cognitiva-evolutiva

b) perché è un modo naturale di apprendere: teoria comportamentistica

Come avviene lo sviluppo dell'imitazione?

Per Piaget vi sono due meccanismi basilari nel funzionamento della mente: l'assimilazione e l'accomodamento: l'imitazione è caratterizzata dal prevalere dell'accomodamento ed è l'opposto del gioco, in cui è l'assimilazione che prevale.

Quando il bambino imita riproduce degli schemi che ha modo di osservare e per fare ciò adegua un modello esterno le sue azioni; l'imitazione cambia lungo una serie di tappe che coincidono con gli stadi dell'intelligenza sensomotoria.

  • Inizialmente il bambino non è in grado di imitare
  • tra i 2-4 mesi, dapprima sporadicamente, poi con maggiore sistematicità, egli diviene capace di ripetere un'azione o un suono che l'adulto ha appena prodotto davanti a lui, purché l'adulto non abbia fatto altro che imitare a sua volta il bambino. Questa forma di imitazione ha 2 limiti:

1. che lo schema proposto non faccia già parte del repertorio comportamentale del bambino

2. che il bambino sia impegnato proprio in quell'azione che gli viene offerta come modello

  • tra i 4-8 mesi il 2°limite viene superato, poiché si può provocare l'imitazione del bambino proponendogli ripetutamente un'azione-modello, purché egli si sia già mostrato in grado di compierla per proprio conto in altre circostanze
  • dopo gli 8 mesi supera anche questo limite e diviene capace di riprodurre anche schemi d'azione per lui nuovi, come suoni (tata, pappa,...), come movimenti come la mimica del suo stesso viso che non può vedere
  • durante il 2°anno di vita, oltre un notevole affinamento dell'imitazione in presenza del modello, appare l'imitazione differita, che attesta che il bambino ha acquisito la capacità rappresentativa ed è entrato in un nuovo periodo dello sviluppo intellettuale

5° lezione: I genitori come fonte di autorità e i genitori come modello da imitare 

 seconda parte

Per Kohlberg l'imitazione sensomotoria consente al bambino solo di mettere in relazione un atto da lui stesso compiuto con un atto altrui; a partire dai 2 anni, con lo sviluppo dell'attività rappresentativa, il bambino diviene capace di fantasie nel corso delle quali egli mette in rapporto sé stesso con un'altra persona (es finge di essere papà e comandare i bambini). In questo periodo vi è contemporaneamente la crisi negativistica del 2° anno, cioè la tendenza del bambino ad usare i NO come risposta preferita (un bambino che dice no ciao quando gli si dice ciao): può essere paradossale l'accostamento tra l'imitazione e un atteggiamento di rifiuto, quasi un'imitazione alla rovescia: l'imitazione è qui intesa come capacità di rapportare se stessi agli altri e non alla semplice imitazione sensomotoria.

Durante l'età prescolare viene pian piano superato questo periodo negativistico, imitando sempre più i modelli adulti, ma verso i 5-6 anni l'imitazione di adulti sembra diminuire, indicando una trasformazione dei processi di imitazione in forme più strutturate di identificazione con i genitori o con altri modelli: questo è un processo che prende avvio con la genesi dell'attività rappresentativa, ma che si afferma lentamente a mano mano che il bambino diviene capace di definire sempre più precisamente il concetto di sé e degli altri. Per fare ciò il bambino si deve collocare rispetto agli altri in termini di ruolo, cioè categorizzando le persone in base alle funzioni loro assegnate normativamente dalla società e che governano le relazioni reciproche; la comprensione dei ruoli sociali implica l'uso di operazioni concrete, perché il bambino deve essere in grado di classificare le persone in base alle loro caratteristiche e porle in relazione, ad esempio secondo una gerarchia e ciò avviene nell'età scolare.

L'imitazione cambia il concetto di sé, in quanto non solo allarga il campo delle azioni di cui il bambino sa di essere capace, ma cambia anche il significato di queste azioni, che non sono più "le cose che sanno fare solo i grandi", ma divengono "le cose che io so fare" e di conseguenza cambia il rapporto del bambino con coloro che compiono quelle azioni, ai quali ora viene attribuita, almeno in quell'ambito, una capacità pari a quella del bambino, e non più una superiorità dell'adulto. Quindi i ruoli reciproci cambiano: imitazione e assunzione di ruoli sono aspetti dello stesso processo, cioè la progressiva definizione del concetto di sé e la conoscenza degli altri, a partire dal contesto delle interazioni sociali a cui il bambino partecipa.

Tra gli aspetti dello sviluppo sociale che possono essere ricondotti in parte all'imitazione dei modelli adulti, e in particolare all'identificazione con i genitori, vi è la tipizzazione sessuale.

Tralasciando la componente biologica che è un problema ancora aperto, gli studiosi di orientamento cognitivo-evolutivo hanno cercato di mettere in luce gli stadi di sviluppo delle idee dei bambini sulle caratteristiche distintive dei due sessi e sulla loro permanenza nel tempo. Essi ritengono il riconoscimento dell'invarianza del sesso una condizione necessaria per il consolidarsi di interessi, preferenze e comportamenti socialmente approvati per il proprio sesso. Alcune ricerche mostrano che bambini di 3 anni sanno dire a che sesso appartengono, ma molti sono in dubbio sul fatto che il sesso sia condizione permanente (M: Puoi diventare una mamma? dicono si, e viceversa); in età prescolare alcuni pensano di poter cambiare sesso cambiando pettinatura o abiti.

Per Kohlberg il riconoscimento da parte del bambino della costanza del proprio sesso ha conseguenze per il processo di identificazione e che sia il risultato della categorizzazione di sé stesso e degli altri come maschi o femmine effettuata precocemente nel corso dello sviluppo. Dopo essersi riconosciuto parte della classe dei maschi o delle femmine, il bambino o la bambina tende ad identificarsi con il genitore del proprio sesso, perché ciascuno di noi preferisce e di conseguenza imita chi gli è simile.

La funzione evolutiva di questa identificazione col genitore del proprio sesso non è quella di determinare l'identità sessuale del soggetto e di indirizzarlo verso l'assunzione di ruoli - come sostiene la teoria psicoanalitica - quanto di incanalare le preesistenti ma generiche forme di identità e stereotipi sessuali informe più specifiche, legate alle aspettative dei genitori; l'assunzione di un ruolo maschile o femminile, quindi si lega all'acquisizione di altre norme sociali che sfociano nello sviluppo morale complessivo dell'individuo.

Anche se possono essere visti l'uno come il prolungamento dell'altro, identità sessuale e ruolo sessuale non sono la stessa cosa. In realtà mentre l'individuazione e l'accettazione della propria identità sessuale si verifica presto o tardi per la grande maggioranza dei bambini, non sempre accade altrettanto per i ruoli sessuali; un ruolo sociale è un insieme di doveri, diritti e comportamenti appropriati alla situazione di una persona nella società e le prescrizioni di ruolo variano da una società all'altra e da un periodo storico all'altro e sono convenzionali. Non tutte le differenze di comportamento tra i sessi possono essere considerate espressione di un ruolo: alcune sono in tutto o in parte conseguenza delle differenze fisiologiche; è innegabile però che vi siano molti comportamenti legati ai ruoli maschile e femminile, come la scelta di certi mestieri.

A quale età i bambini comprendono l'esistenza di questi ruoli e vi si adeguano?

William Damonin una ricerca ha trovato che i bambini di età prescolare, a differenza di quelli più grandi, non si rendono conto che il diverso comportamento di maschi e femmine, ad es. giocare o no con le bambole, non dipende solo dai desideri individuali, ma anche dall'esistenza di regole che sanciscono quali siano le azioni adeguate all'uno e all'altro sesso. Quando i bambini iniziano a rendersi conto dell'esistenza di tali regole, non riescono a differenziarle da altre di tipo convenzionale da un lato, come il modo di stare a tavola, e morale dall'altro, come il divieto di rubare: contravvenire è in ogni caso sbagliato.

Solo verso gli 8-9 anni iniziano a concepire in modo meno rigido i ruoli, intravedendone le componenti convenzionali.

Per quanto riguarda l'adeguamento di fatto a modi di comportarsi appropriati al proprio sesso, già i bambini di età prescolare mostrano di aderire agli stereotipi esistenti: già a 2-3 anni nella scelta dei giocattoli i bambini e le bambine preferiscono rispettivamente quelli considerati maschili e femminili, mentre durante l'età scolare le preferenze dei bambini e delle bambine seguono linee di sviluppo diverse: mentre la preferenza dei bambini per le attività stereotipicamente maschili continua a crescere, le bambine iniziano a disinteressarsi almeno in parte ai giochi e ai lavori tipicamente femminili e a praticare attività maschili. Questa tendenza può essere messa in relazione con il maggiore valore attribuito socialmente al ruolo maschile, il quale ha una certa attrazione anche per le bambine, mentre è più difficile che accada l'opposto.

6° lezione: Gli stili educativi genitoriali 

 prima parte

Sono l'insieme delle modalità educative che ognuno di noi, consapevolmente o meno, si trova ad utilizzare con i propri figli.

Ad ogni stile educativo corrispondono modalità specifiche che comportano possibili esiti a lungo termine sulla personalità dei figli.

Infatti, i modelli educativi genitoriali, così come lo stile di attaccamento del bambino, influiscono sul suo modo di relazionarsi all'interno della famiglia e nel mondo sociale.

Questo perché genitori e figli si influenzano reciprocamente.

Naturalmente, ogni genitore è portatore di esperienze passate e vive il ruolo genitoriale con una propria specificità.

Le peculiarità individuali non tolgono la possibilità di potersi orientare tra vari stili educativi genitoriali. Essi danno l'opportunità di stimolare il cambiamento di situazioni cristallizzate, rimettendosi in gioco con idee e obiettivi più chiari.

Nonostante tali specificità, è fondamentale che entrambi i genitori imparino a collaborare e a combinare le loro diversità per creare un approccio coerente e funzionale.

Dal punto di vista educativo, infatti, è fortemente confusionario per il bambino il comportamento di due genitori che forniscono indicazioni e richieste molto diverse fra di loro e a volte contraddittorie.

Gli stili educativi dei genitori contribuiscono e possono avere effetti, positivi o negativi, sulla crescita e sullo sviluppo dei bambini, anche a lungo termine.

Per questo motivo, risulta di fondamentale importanza conoscere e mettere in atto lo stile migliore per favorire uno sviluppo armonioso e coerente.

Individuare lo stile educativo genitoriale più adatto per l'educazione dei propri figli, spesso diventa uno dei compiti più ardui e difficili per i genitori.

Gli stili educativi derivano dalla combinazione di due livelli:

  • Di controllo, riferito alle pressioni esercitate dei genitori per stimolare comportamenti socialmente adeguati nei figli, attivando meccanismi di controllo e di supervisione;
  • Di supporto, riferito al sostegno, alla vicinanza emotiva e alla disponibilità a soddisfare i bisogni dei figli, attivando meccanismi che stimolano l'autoregolazione e l'affermazione di sé.

Le due componenti hanno di per sé una connotazione neutra ed è il loro uso e bilanciamento, oltre al contesto familiare e alle caratteristiche familiari, a decretare la positività o negatività dello stile genitoriale emergente.

Dalla combinazione di queste due dimensioni emergono quattro possibili stili educativi: autorevole, autoritario, permissivo/indulgente e trascurante/rifiutante.

Sulla base di queste dimensioni sono stati definiti i 4 stile educativi più comunemente usati dai genitori.

Lo stile educativo genitoriale autoritario:

  • è basato sul controllo esterno piuttosto che sull'insegnamento dell'autocontrollo e dell'autoregolazione
  • non suggerisce al bambino come gestire i propri comportamenti e non offre alternative o opzioni al bambino affinché possa imparare a ragionare e scegliere
  • non lo aiuta a identificare alternative e valutare le conseguenze delle sue azioni
  • ha elevate aspettative nei confronti del figlio, è rigido e inflessibile, impone regole severe ed è molto esigente, ma non offre spiegazioni in merito alle richieste ed ai divieti imposti
  • molto esigente con sé e con gli altri, non riesce a sentire i bisogni dei figli e ad ascoltarli

· non fornisce spiegazioni

  • fornisce solo feedback negativi sotto forma di punizioni per comportamento scorretti adottati
  • Non esprime molto calore e nutrimento
  • Utilizza punizioni e controllo
  • Insegna spesso ad aderire passivamente alle richieste e alle aspettative della società
  • E' focalizzato sull'imporre il rispetto nei confronti dell'autorità

Gli effetti dello stile parentale autoritario si riscontrano nelle competenze sociali e nel rendimento scolastico del bambino:

  • deve rispettare delle regole rigide e imposte, il cui mancato rispetto comporta punizioni di tipo fisico o verbale
  • non vengono stimolati ad essere indipendenti, autonomi e a conoscere i propri limiti, ma viene loro insegnato ad aderire passivamente alle richieste e alle aspettative della società.
  • hanno una bassa autostima e in una forte difficoltà nella socializzazione e nella relazione a causa di una mancanza di competenza sociale
  • impara che anche quel tipo di relazione è una forma di amore
  • è più elevato il rischio di porre in essere comportamenti devianti nel futuro, soprattutto se cresciuti in un ambiente maltrattante o con episodi di violenza assistita.
  • aumenta la probabilità di sviluppare, da adulti, profili ad alto rischio di vittimizzazione o, al contrario, di bullismo
  • Tende a ricercare l'amore del genitore attraverso l'obbedienza, il compiacimento, l'adattamento e la ricerca del successo
  • Alcuni mostrano fuori casa comportamenti aggressivi mentre altrui possono risultare eccessivamente timidi e impauriti nel relazionarsi agli altri per paura delle critiche
  • Ha una bassa autostima a casa della mancanza di esperienze libere e della non conoscenza delle sue capacità di pensare e fare
  • E' abituato a sottostare agli altri più che a interagire in modo paritario, assertivo e rispettoso
  • Si conforma con facilità, iper-adatta alle situazioni e può quindi soffrire di ansia e depressione

Lo stile educativo genitoriale autorevole:

  • è basato sullo stabilire regole e linee guida che il figlio è tenuto a seguire
  • è democratico poiché il genitore può adattare, per mezzo del dialogo, le regole alle esigenze e richieste dei figli.
  • si impegna a valorizzare l'indipendenza e l'autonomia, ma sa anche far valere l'autorità.
  • È un genitore aperto alla negoziazione e disponibile a mettere in discussione il proprio punto di vista
  • Le regole proposte sono chiare, motivate ed applicate in modo coerente, ma allo stesso tempo, in caso di valide motivazioni, possono essere adattate.
  • Quando il figlio non riesce a soddisfare le aspettative, il genitore offre nutrimento, conforto e perdono piuttosto che punizioni
  • Insegna al figlio ad essere assertivo, socialmente responsabile, in grado di auto-regolarsi e cooperare con gli altri senza prevalere o sottomettersi
  • stabilisce regole e linee guida che il figlio è tenuto a seguire in modo democratico

· Quando il bambino non riesce a soddisfare le aspettative, il genitore offre nutrimento, conforto piuttosto che punizioni

  • Ha aspettative nei confronti del bambino realistiche ed in linea con l'età
  • E' caloroso, sollecita le opinioni e i sentimenti del bambino
  • Fornisce spiegazioni per le decisioni che prende e le regole che fissa
  • Ascolta il figlio valorizzando le sue parole, sentimenti ed esperienze
  • Esprime le regole in modo positivo, chiaro, sintetico e concreto: meno divieti ("Non..."), più permessi ("Puoi..."). I divieti espressi al negativo innescano la dinamica della "tentazione"
  • Rispetta i desideri del bambino
  • Accetta incondizionatamente il figlio anche se non sempre né approva il comportamento
  • Manifesta stima e fiducia verso sé e verso il figlio
  • il genitore è in grado di adattare, per mezzo del confronto e dell'ascolto, tali regole alle esigenze e alle richieste del minore
  • stabilisce regole e linee guida che il figlio è tenuto a seguire
  • Insegna al figlio ad essere similmente assertivo, socialmente responsabile, in grado di auto-regolarsi e cooperare con gli altri senza prevalere o sottomettersi
  • valorizza l'indipendenza, l'autonomia ed al tempo stesso fa anche valere l'autorità
  • E' un genitore aperto alla negoziazione e disponibile a mettere in discussione il proprio punto di vista
  • Le regole sono chiare ed applicate in modo coerente ma allo stesso tempo possono essere negoziate, se ci sono valide motivazioni
  • Può far ricorso a punizioni (non fisiche) che vengono motivate dando al bambino la possibilità di replicare ed esprimere la propria opinione.

Solitamente lo stile autorevole è preferibile perché permette di fornire al bambino regole chiare, coerenti e adeguate al livello di sviluppo del figlio attraverso la spiegazione dei motivi per cui sussistono divieti o proibizioni.

Gli effetti di un'educazione autorevole sul bambino sono molto positivi, e ne permettono uno sviluppo coerente ed armonioso tale da permettere al bambino è di sviluppare le seguenti caratteristiche:

  • Autonomia, responsabilità, indipendenza, maturità e propositività
  • Competenza sul piano delle relazioni sociali, apertura al dialogo con i genitori ed i coetanei
  • Assertività, ovvero più competenza nell'espressione delle proprie idee ed opinioni
  • Buona fiducia in sé e nelle proprie capacità
  • Rispetto delle regole che però non segue passivamente ma solo dopo averle comprese, interiorizzate e fatte proprie
  • Sviluppo del senso critico e buone capacità di adattamento

7° lezione: Gli stili educativi genitoriali 

seconda parte

Lo stile educativo genitoriale permissivo/indulgente è:

  • Basato su basse aspettative nei confronti del figlio, soprattutto in termini di maturità ed autocontrollo
  • È aperto al dialogo e affettuoso e amorevole
  • , soddisfa le richieste e i bisogni del bambino, però senza fornire regole e modelli di condotta
  • fa poche richieste al proprio figlio
  • Fornisce poche regole o norme di comportamento
  • Si relaziona come figura amica piuttosto che genitoriale
  • Usa la corruzione per ottenere dal bambino i comportamenti desiderati (ad esempio fare troppi regali e assecondare i capricci)
  • Offre molto nutrimento affettivo, ma spesso si relaziona al figlio più come amico che come figura genitoriale
  • La mancanza di richieste ed aspettative nei confronti del bambino, così come la mancanza di confini di ruolo chiari, può far sì che il figlio cresca senza un forte senso di auto-disciplina
  • Quando offre regole spesso risulta incoerente o non le mantiene con fermezza

Gli effetti dello stile parentale permissivo sul bambino sono:

  • Manca di auto-disciplina;
  • Alcuni possono avere scarse abilità sociali e relazionali mentre altri possono essere troppo esigenti e capricciosi nel relazionarsi.
  • Si sente insicuro ed ansioso a causa della mancanza di confini e modelli di comportamento a cui fare riferimento per orientarsi.
  • Recenti studi rivelano che lo stile genitoriale permissivo si lega al consumo di alcol fra minorenni o ad altri comportamenti a rischio come l'uso di droghe, la cattiva condotta a scuola e la mancanza di motivazione del perseguire obiettivi personali (motivazione allo studio).

Uno stile educativo troppo permissivo può essere pericoloso per il processo di crescita di vostro figlio!

La mancanza di richieste ed aspettative nei confronti del bambino così come la mancanza di confini chiari in casa (adulto/bambino) può far si che il figlio cresca senza un forte senso di auto-disciplina.

Come fare se vi identificate in esso?

Lavorate su voi stessi affinché siate una figura di rispetto e di riferimento per i vostri figli, ma senza cambiare improvvisamente stile, altrimenti genererete confusione e rabbia nel bambino: acquisite un punto di vista differente, confrontatevi anche con parenti o altri genitori!

Se il bambino imparerà che può fare e ottenere tutto ciò di cui ha voglia, senza limiti, anche da adulto non temerà di incorrere in alcuna sanzione o punizione.

Tanto affetto va bene ma attenzione alla cultura delle regole e del rispetto per gli altri!

Lo stile educativo genitoriale trascurante/rifiutante è:

  • capace di soddisfare i bisogni primari del bambino, ma evita il coinvolgimento emotivo nella vita e nell'educazione dei figli e comunica poco
  • non è in grado o di essere una base sicura e un punto di riferimento per il bambino
  • ha una scarsa reattività nei confronti dei bisogni del figlio
  • si mostra spesso indifferente alle sue richieste, sprezzante o addirittura completamente negligente
  • Fornisce cibo, riparo ma poco calore emotivo
  • E' emotivamente distante, mostra poco calore, amore e affetto verso il figlio
  • Offre poco o nessun controllo
  • Ha poche o nessuna aspettativa di comportamento
  • Non partecipa ad eventi scolastici o colloqui con gli insegnanti
  • Spesso è sopraffatto dai propri problemi per affrontare quelli dei figlio
  • Non fornisce e regole per muoversi nel mondo
  • Non sente alcun senso di responsabilità educativa
  • Non tiene conto delle opinioni e dei sentimenti del bambino

Gli effetti dello stile parentale trascurante/rifiutante sul bambino sono:

  • Deve imparare a provvedere a sé stesso
  • Teme di dipendere dagli altri
  • E' emotivamente ritirato
  • Può mostrare comportamenti delinquenziali durante l'adolescenza
  • Può provare paura, ansia o stress a causa della mancanza di sostegno familiare
  • E' a rischio di abuso di sostanze
  • Ha un scarso controllo su impulsi ed emozioni
  • ha non solo uno scarso rendimento scolastico ma anche nelle altre situazioni della loro vita
  • tendono a mostrare i deficit cognitivi, nell'attaccamento, nelle competenze emotive e nelle abilità sociali
  • A causa della mancanza di reattività emotiva e amore da parte del genitore da adulti possono avere difficoltà a formare legami affettivi
  • La totale mancanza di confini e di regole li induce a non imparare a tenere comportamenti appropriati nelle situazioni sociali (es. scuola
  • Da adulti, possono trovarsi a ripetere lo stesso modello di relazione con partner ed amici

In conclusione:

Qualunque sia lo stile l'importante è il dialogo tra i genitori.

Conoscere i quattro stili educativi genitoriali permette di avere una guida operativa, di poter riflettere e quindi di mettersi in gioco per cambiare o affinare la propria linea educativa.

Ma quando ci si mette in gioco bisogna tener presente che i genitori solitamente sono due e che entrambi devono essere partecipanti attivi del piano educativo genitoriale. Questo non vuol dire che entrambi i genitori devono esprimere il loro ruolo nelle stesse modalità e con lo stesso stile, ma che devono lavorare di squadra, esaltando i punti di forza dell'altro e sostenendosi a vicenda nelle debolezze e difficoltà.

Naturalmente, gli stili genitoriali dei singoli genitori anche si combinano per creare un mix unico in ogni famiglia: ad esempio, una madre può adottare uno stile autorevole, mentre il padre uno permissivo. Al fine di creare un approccio coerente alla genitorialità è essenziale che i genitori imparino a collaborare e a combinare i vari elementi peculiari dei loro stili genitoriali. Tuttavia, lo stile autorevole è generalmente associato a caratteristiche preferibili e maggiormente positive come la forte autostima, l'assertività, la responsabilità e l'autonomia.


Essere di sostegno al bambino significa: soddisfare i bisogni primari con una disponibilità emotiva e una capacità di individuare il tipo di aiuto psicologico di cui il bambino necessita in relazione alle esperienze nuove che si trova via via ad affrontare.

Il genitore non può guardare al figlio come a un individuo che dipende da lui economicamente e materialmente, ma come una persona che differisce dall'adulto per modo di ragionare, emozioni, sentimenti, interessi, ecc. Questa è la coscienza dell'infanzia, ossia delle peculiarità del bambino rispetto all'adulto e dei particolari bisogni che si collegano alla sua condizione.

È molto difficile vedere il bambino e valutarne le capacità e i limiti.

Nei confronti dei propri figli, e in condizioni normali, le capacità di valutare le necessità dei figli non è garantita da conoscenze di tipo astratto e generale sull'infanzia, quanto dall'attenzione e dalla disponibilità con cui i genitori captano segnali e messaggi regolando anche in base a questo continuo feedback le loro richieste. Essi sono in grado così di avanzare pretese troppo grandi rispetto alle capacità attuali del bambino, e anche di non incorrere nell'errore opposto che è quello di non chiedere nulla, cullando il bambino in una eterna situazione di dipendenza, che avrebbe come unico risultato quello di frenare o distorcere lo sviluppo.

C'è un libro che consiglio:

I BISOGNI IRRINUNCIABILI DEI BAMBINI

Ciò che un bambino deve avere per crescere e imparare

T. Nerry Brazelton, Stanley I. Greenspan - Raffaello Cortina Editore

1. Il bisogno di sviluppare costanti relazioni di accudimento

2. Il bisogno di protezione fisica e sicurezza e relativa normativa

3. Il bisogno di esperienze modellate sulle differenze individuali

4. Il bisogno di esperienze appropriate al grado di sviluppo

5. Il bisogno di definire dei limiti, di fornire una struttura e delle aspettative

6. Il bisogno di comunità stabili e di supporto e di continuità culturale

7. Il bisogno di salvaguardare il futuro