EMOZIONI COME NODO CENTRALE
in
PSICOLOGIA DELL' EMERGENZA

                         1°lezione

Introduzione alla psicologia dell'emergenza

La psicologia dell'emergenza comprende quell'insieme di pratiche e saperi utili a capire e sostenere le menti individuali e collettive che fronteggiano eventi potenzialmente distruttivi, prima, durante e dopo il loro manifestarsi.

Essere psicologo ed amare la psicologia dà senso e valore alle scelte di solidarietà che sorreggono l'esperienza del soccorso psicologico in emergenza.

Cosa significa essere presenti professionalmente in contesti così tanto difficili?

Ogni emergenza rappresenta un'intensa esperienza esistenziale che scaturisce dall'incontro tra un evento inatteso e drammatico e alcune persone che cercano di fronteggiarlo.

Sono spesso presenti gli stessi elementi: sgomento, disperazione e disorientamento.

La tragedia di pochi può essere destino di molti e la fragilità dei singoli può divenire forza.

Le catastrofi più di ogni altro evento hanno la capacità di far emergere il livello psicosociale degli equilibri umani, il tessuto che lega in modo diffuso e profondo la mente del singolo alla mente della collettività ed anche per questo disastri e catastrofi sono stati spesso motori di sviluppo culturale.

Quando non si può limitare la forza degli eventi potenzialmente distruttivi (non si può fermare un'eruzione vulcanica o un terremoto), si può sempre limitare la vulnerabiltà dei singoli o della collettività, ad esempio decidendo di non sviluppare insediamenti in aree a rischio o addestrando ed organizzando la popolazione a riconoscere i prodomi dell'evento e a fronteggiarlo con opportune strategie.

I momenti più critici delle emergenze possono sempre essere esaminati e fronteggiati facendo particolare attenzione alle dimensioni psicologiche che caratterizzano la situazione: vittime, parenti, superstiti, soccorritori e spettatori entrano in gioco attraverso il decisivo contributo dei loro processi percettivi, emotivi, cognitivi e delle loro condotte.

Emergenza in ambito sanitario ha un significato diverso e si distingue tra emergenza ed urgenza:

  • una condizione di urgenza si ha quando vi è una condizione di danno o pericolo tanto minacciosa da richiedere un intervento rapido e quando c'è ancora tempo sufficiente affinché gli interventi necessari siano eseguiti da chi è competente ed attrezzato per farlo secondo la procedura più corretta e rigorosa, rispettando tutte le operazioni e le misure di sicurezza.
  • l'emergenza invece è una situazione più drammatica dove è presente un pericolo o un danno organico così rapidamente evolutivo da richiedere un intervento immediato.

All'interno del soccorso sanitario l'obiettivo più immediato da conseguirsi nell'attivazione di una procedura di urgenza è impedire che la situazione si trasformi in emergenza.

L'obiettivo principale delle situazioni di emergenza è invece quello di ricondurle all'interno di condizioni controllate, tali da poter essere affrontate con semplici procedure di urgenza.

2°lezione

Dal punto di vista psicologico un contesto d'emergenza è una situazione interattiva caratterizzata:

  • dalla presenza di una minaccia
  • da una richiesta di attivazione rapida e di rapide decisioni
  • dalla percezione di una sproporzione improvvisa tra bisogno (cresciuto per intensità, ampiezza, rumorosità, ritmo) e potenziale risposta attivabile dalle risorse immediatamente disponibili
  • da un clima emotivo congruente

Ogni emergenza comporta la presenza di più persone che attivamente e simultaneamente intrecciano le loro percezioni, emozioni, decisioni e comportamenti in una direzione specifica: non c'è emergenza se un individuo si sente travolto dal panico e chi lo soccorre non avverte la necessità di agire con urgenza.

Una prima abilità fondamentale consiste dunque nella capacità di riconoscere e definire i contesti d'emergenza di cui si è parte, sapendo quali sono gli elementi che costituiscono la specifica cornice contestuale.

Una particolare attenzione va data al ruolo della dimensione temporale poiché l'emergenza si crea davanti ad una trasformazione rapida ed incalzante e comporta una frattura nella continuità temporale che sconvolge non solo i ruoli e le procedure, la capacità di reagire e i saperi, ma anche i ritmi del quotidiano, le agende e le immagini del tempo futuro.

Un ruolo centrale infine lo ricopre la percezione di sproporzione improvvisa tra bisogni e risorse. C'è sempre un attimo, in cui qualcuno in emergenza si trova a pensare "non ce la faccio": chiede soccorso chi capisce che da solo non può rispondere ai bisogni del suo corpo ferito. Attiva procedure emergenziali l'organizzazione che sa che con i mezzi ordinariamente schierati non si possono fronteggiare gli eventi che stanno accadendo. L'esperienza di impotenza, di fallimento, di sopraffazione e dunque da ritenere costruttiva dei frame emergenziali.

Agire in emergenza significa spesso cercare di dimostrare che laddove il singolo soccombe, il gruppo può sostenere, dove fallisce l'agire comune, può invece avere successo la tecnologia.

La psicologia dell'emergenza come ambito di studio e di intervento si occupa quindi di tutto questo: delle caratteristiche strutturali e delle dinamiche evolutive dei contesti di emergenza con particolare attenzione ai comportamenti, alle comunicazioni e ai processi psichici che si intrecciano nel definire, gestire e superare tale contesto.

L'emergenza può essere considerata un'intensa esperienza esistenziale che scaturisce dall'incontro tra la percezione di un evento inatteso e drammatico e persone che cercano di fronteggialo. Per questo è necessario includere tra le risorse umane impegnate nello sviluppo di piani e di interventi di protezione e soccorso, specifiche attenzioni e competenze psicologiche.

Il fattore umano è una dimensione pervasiva dell'emergenza: persone sono le vittime, i soccorritori, i responsabili, i progettisti, gli spettatori di un dramma collettivo.

Nessun piano d'intervento di previsione o prevenzione può dirsi completo se non include una valutazione dei processi psicologici implicati nello scenario ipotizzato, dei bisogni particolari che si creano in queste situazioni interattive e delle possibili risorse specialistiche con cui rispondere a tali bisogni.

                    3°lezione

Il tema delle emozioni è cruciale in tutti i contesti dell'emergenza e la definizione stessa di contesto d'emergenza ne richiama l'importanza.

Vi è emergenza solo di fronte ad eventi imprevisti, sorprendenti e distruttivi, cioè riconoscibili come aggressivi, lesivi, omicidi.

Ogni comunicazione e relazione che si sviluppa in emergenza sono densi di emozioni complesse, ma non misteriose. Intervenire professionalmente sugli aspetti relazionali dei momenti di crisi significa saper gestire le emozioni proprie e altrui, saper lavorare con le dimensioni che sostengono le azioni personali e collettive che motivano e guidano i piani d'azione e le organizzazioni stesse.

Anche sviluppare progetti di prevenzione a volte implica il compito di prevenire il disastro emozionale individuale e collettivo individuando rischi e pericoli, creando scenari e previsioni e predisponendo risorse in termini di resilienza.

Nelle fasi di uscita dalla crisi l'attenzione alle dimensioni emotive può tradursi in proposte di ricostruzione e riparazione emozionale o di riattivazione delle emozioni esperite per superarle facilitando i processi catartici ed elaborando i lutti.

Le emozioni sono riconosciute come la cerniera tra la dimensione organica, la realtà psichica e le dimensioni sociali che caratterizzano gli individui.

Prendendo spunto dal modello di Frijda (1990) vediamo quali componenti concorrono congiuntamente a costruire la realtà di ogni emozione: ogni emozione si definisce in relazione ad un cambiamento, una modificazione di stato.

Un evento emotigeno porta alla rilevazione, alla categorizzazione e alla codifica dello stimolo che provoca un'attivazione fisiologica; queste portano a una valutazione, pertinenza e rilevanza rispetto ai bisogni, agli scopi, alle novità e alla qualità edonica. Tutto ciò ha a che fare con la percezione interna di ciò che accade. Da qui vi è la valutazione del contesto: urgenza, necessità e capacità di far fronte tutto assieme alla valutazione della compatibilità delle norme sociali e all'immagine di regole di esibizione. Tutto ciò porta a una reazione motoria.

Il modello evidenzia come ogni emozione si definisca in relazione a un cambiamento, una modificazione di stato.

Quali siano le caratteristiche di un evento emotigeno è più facile da esemplificare che da definire.

L'arrivo inatteso di un soccorritore o di un parente, un forte rumore improvviso, la partecipazione ad una celebrazione collettiva sono facilmente riconoscibili come eventi in grado di sollevare emozioni.

Vi sono accadimenti di fronte ai quali le persone reagiscono in modo differente, sperimentando emozioni opposte o addirittura dichiarando di non provare alcuna emozione.

La forza emotigena di un evento non sta nell'accadimento in sé, ma nell'intreccio di vari fattori: è infatti un insieme di atti percettivi e cognitivi che definiscono la connotazione di un accadimento, così come dimensione la possibilità che l'evento stesso sia registrato nella nostra mente.

La seconda componente fondamentale delle emozioni è dunque quella cognitiva: si tratta di percepire l'evento, di valutarne la pertinenza rispetto ai propri scopi, la pericolosità o novità, la possibilità di farvi fronte con le risorse di cui si dispone.

Il sistema di valutazione si occupa anche di monitorare il contesto sociale, di valutare la possibilità di esprimere i propri stati interni in relazione alle regole sociali d'esibizione e in base alla opportunità di farlo o meno.

Ma emozione significa anche variazione fisiologica: il sistema nervoso autonomo, il sistema endocrino ed immunitario sono pienamente coinvolti nel dipanarsi di ogni emozione con risultati a volte molto evidenti come ad esempio nel caso di lacrimazione, di caduta del tono muscolare e dell'aumento della sudorazione o altre volte percepibili solo dal soggetto come nel caso della alterazione della frequenza cardiaca e respiratoria.

Sono anche presenti modificazioni fisiologiche profonde spesso fuori dall'area della visibilità esterna e dalla consapevolezza interna come la modificazione della pressione sanguigna e della conduttività elettrica della pelle.

Vi è poi la componente della percezione interna che si identifica con la consapevolezza che qualcosa attinente ad un processo emotivo è accaduto.

Infine vi è la risposta motoria, cioè i tentativi di risposta visibile che il soggetto mette in atto per allontanarsi o difendersi dall'evento emotigeno connotato negativamente o, all'opposto per avvicinarsi o gustare l'evento emotigeno positivo.

4°lezione

Ogni processo emotivo secondo Anolli, 2002, comporta:

  • Un evento elicitante: è l'accadimento che può essere riconosciuto come ciò che ha innescato l'emozione intesa come processo; non sempre esso è evidente, né è lo stesso per tutti; tutto ciò che sollecita i sensi ha in realtà una potenzialità emotigena. Esistono anche stimoli sottili, non facilmente individuabili o riconoscibili a livello consapevole in grado comunque di elicitare forti emozioni. Gli odori ad esempio: molte vittime di incidenti ricordano con dolore la componente olfattiva dell'esperienza di paura, al punto che odori simili sono in grado di attivare immediatamente le stesse emozioni (odori dei disinfettanti, della terra bruciata, della carne bruciata). Anche i profumi hanno una forte componente emotigena ed essendo legati a canali sensoriali arcaici fanno parte di quelli stimoli elicitanti di cui siamo meno consapevoli. A volte ci sono frasi o particolari memorizzati durante la fuga, di confronti e associazioni che il soggetto fa dentro sé.

Ogni professionista attento alle relazioni deve saper individuare gli eventi elicitanti e anche saperli provocare: nel caso non sia facile individuare l'origine dell'attivazione emotiva può accadere che si sviluppino delicati processi d'attribuzione che puntano a offrire una spiegazione e a dare un senso a ciò che si prova. In momenti di tensione accade facilmente che vengano trovati episodi o soggetti che fungono da capri espiatori su cui indirizzare rabbia ed aggressività, proiettando così l'origine della tensione fuori di sé, nel comportamento dei sottoposti, degli altri membri dell'equipe, delle vittime stesse e non nella propria stanchezza o nella frustrazione sperimentata nelle situazioni d'impotenza.

  • Un cambiamento fisiologico: per comprendere le implicazioni corporee delle esperienze emotive è necessario considerare il ruolo giocato dal Sistema Nervoso Autonomo che si divide in Simpatico e Parasimpatico. È costituito da una serie di gangli che scorrono a fianco della colonna vertebrale, ed in caso di attivazione interviene creando netti cambiamenti in tutti i distretti corporei che hanno la funzione di preparare il corpo a reagire ad una situazione, ma costituiscono anche parte dell'esperienza vissuta dal soggetto che può percepire in parte consapevolmente, la presenza di uno stato d'allarme anche in assenza di riconoscibili segni esterni di pericolo o di novità.

Vediamo le modificazioni del Sistema Nervoso Autonomo nel dettaglio:

simpatico parasimpatico

  • Pupilla dilatazione contrazione
  • Ghiandole lacrimali stimolazione inibizione
  • Salivazione inibizione aumento
  • Sudorazione aumento -
  • Battito cardiaco accelerazione diminuzione
  • Adrenalina secrezione -
  • Digestione rallentamento incremento
  • Intestino rallentamento incremento

Tali modificazioni sono anche utilizzabili come sintomi che l'osservatore può considerare per riconoscere lo stato emotivo altrui.

Anche lo sconvolgimento del ritmo sonno-veglia può influenzare profondamente lo stato di attivazione corporeo e quindi incidere sull'intensità e sulla qualità dei processi emozionali.

  • Una serie di operazioni di valutazione cognitiva: appena compare un evento la mente umana avvia velocemente un processo di categorizzazione e valutazione dell'accadimento. Proprio per questo una parte del lavoro preventivo per la gestione dell'emergenza può essere indirizzato alla discriminazione degli indicatori di pericolo.

L'analizzatore procede rapidamente ad una serie di valutazioni relative:

  • al livello di novità dello stimolo: si cerca di verificare se lo stimolo assomiglia a qualcosa di noto e se si dispone di conoscenze e di competenze.
  • alla qualità edonica: è valutata in termini di positivo, negativo, piacevole o spiacevole. Questa è una prima grossolana decisione che porta da un lato ad innescare l'esperienza della collera, della paura, della tristezza, dall'altra delle varie sfumature della gioia.
  • alla possibilità di far fronte alla situazione (coping): questo aspetto è molto più complesso e molte tecniche di preparazione alla partecipazione ad eventi fortemente emotigeni lavorano su questo aspetto (ad esempio le metodologie di simulazione delle situazioni d'evacuazione). L'obiettivo è far scoprire ai soggetti le risorse personali ed organizzative attivabili in caso di necessità, di facilitare una rappresentazione dello sviluppo probabile degli eventi e di rendere dunque prevedibile il dispiegarsi delle risorse necessarie. In generale la percezione di avere le risorse per farcela mantiene lo stato di attivazione emotiva su livelli più bassi.

Il diagnosticatore stabilisce se una reazione all'evento deve essere attivata con urgenza, quale deve essere l'intensità della risposta e dove si colloca rispetto al contesto generale. Un comportamento di fuga accompagnato da una forte paura di fronte a un crollo, può essere ad esempio preceduto da una calma apparentemente irresponsabile, come se ci fosse sempre tempo per allontanarsi, o da un prudente ma graduale e tranquillo allontanamento, come se il pericolo non si avvicinasse con gran rapidità. Anche la valutazione del contesto è molto importante: se ciò che incute paura non sembra preoccupare le altre persone presenti, l'intensità dei processi emotivi sperimentati sarà più contenuta.

La componente diagnostica del processo emotivo coinvolge anche il confronto con le norme d'esibizione sociale e l'immagine di sé. Ciascuna cultura dispone di alcune norme che permettono o no l'espressione di alcune emozioni, prescrivono l'intensità e la durata delle emozioni che possono essere espresse, differenziano norme d'esibizione in relazione al sesso, all'età o al ruolo che si ricopre. Tale conoscenza permette di spiegare la presenza di reazioni diverse in diverse persone di fronte alla stessa situazione emotigena.

L'interazione tra mondo emotivo ed immagine di sé è particolarmente complessa: ad esempio farsi prendere dalla collera e reagire con ira evidente, può risultare umiliante per chi si è sempre definito pacifico e incapace di aggredire chiunque; abbandonarsi all'esultanza può risultare difficile o suscitare a posteriori sensi di colpa per chi ha costruito il proprio adattamento sociale attorno all'immagine di un sé maturo, equilibrato e responsabile.

  • Un comportamento manifesto: ogni emozione è anche azione e i comportamenti di fuga, i vocalizzi, l'avvicinamento, il ridere, il piangere, non le seguono ma sono un tutt'uno con le emozioni. Il processo emotivo ha la funzione essenziale di sostenere risposte all'ambiente di tipo adattivo e costituisce una vera e propria molla all'azione che ha bisogno di essere orientata da una componente cognitiva che funga da suggeritore d'azione. Davanti a uno stimolo elicitante infatti è necessario stabilire velocemente che fare cercando all'interno del repertorio comportamentale di cui si dispone le azioni più idonee e realizzabili, determinando spesso anche le precedenze tra le molte azioni possibili o necessarie: ciò spiega in alcuni casi i momenti di incertezza e la contraddittorietà delle prime risposte comportamentali.

5° lezione

La complessità dei processi emotivi va ben conosciuta per sviluppare interventi relazionali in contesti di emergenza.

Le emozioni sono una realtà cruciale a diversi livelli:

  • sono esperienze corporee che incidono sia positivamente che negativamente sulla salute
  • sono importanti dal punto di vista esistenziale: sono il punto d'incontro tra mente e corpo, tra realtà dell'io e percezione del sé, tra socialità ed individualità. Ogni emozione, poiché vissuto, ha una sua oggettività indiscutibile anche se per l'osservatore, la realtà intima dell'altro, la realtà intima dell'altro appare, sempre e solo, soggettività opinabile.
  • costituiscono forti molle motivazionali: sono dimensioni psichiche che spingono all'azione e possono quindi essere usate, nel bene e nel male, per suscitare comportamenti.
  • sono processi cognitivi: sono accostabili come fenomeni propri della mente che sostengono le capacità adattive dell'uomo e interagiscono come tutte le altre componenti di tipo cognitivo come ad esempio la memoria che è carica di emozioni e ciò permette a volte positivamente di sostenere il ricordo mentre altre volte ostacola l'oblio desiderato. Interventi tempestivi a livello emotivo possono incidere sulle possibilità di cancellare le immagini più angoscianti delle situazioni traumatiche, così come di valorizzare nei ricordi gli elementi positivi.
  • sono oggetto e soggetto dei processi di socializzazione e acculturazione: non sono solo un fatto privato, ma una realtà pregnante dal punto di vista sociale e sono in ogni cultura oggetto di lavoro educativo da parte delle persone accudenti e anche delle istituzioni educative.

Va fatto un piccolo accenno alle emozioni infantili.

In cosa si differenzia il mondo emotivo infantile da quello adulto?

All'interno delle situazioni di pericolo e di emergenza come si diffondono e si modulano le emozioni dei bambini?

Innanzittutto bisogna considerare come i bambini osservano ed affrontano la realtà: la prima differenza con gli adulti sta nelle caratteristiche della percezione infantile. Tanto più il bambino è piccolo, tanto più è probabile che le modalità percettive prevalenti siano distanti da quelle dell'adulto:

  • per un neonato le percezioni interne e le brusche variazioni di luminosità, rumorosità, calore, pressione sulla pelle risultano molto più pregnanti che per l'adulto.
  • Per i bambini sotto ai 3 anni l'universo percettivo è molto più centrato sulle distanze prossimali: l'olfatto sembra essere molto più informativo di quanto non sia per l'adulto e le informazioni visive sono molto meno importanti. A questa età il vero termometro delle emozioni infantili rimane l'adulto di riferimento, rispetto al quale il bambino manifesta comportamenti di attaccamento e di sintonia emotiva.
  • col crescere dell'età aumenta il peso di ciò che rientra nel canale visivo, almeno nella nostra cultura che è fortemente iconica: per quanto riguarda la paura i bambini sono in grado di manifestare i correlati fisiologici e i comportamenti di evitamento tipici di questa emozione e di nominarla, magari attraverso risposte confabulatorie. La conquista della competenza linguistica aumenta le possibilità espressive degli stati interni e la consapevolezza che la parola può essere fonte di emozioni negative (ad esempio come minaccia) o positive. Attraverso il linguaggio aumenta fortemente anche il ruolo della componente culturale delle emozioni. È attraverso le sfumature proprie della lingua madre che emergono le categorizzazioni degli stati interni e la relativa connotazione. Uno stesso movimento interno può essere definito paura, ansia o codardia ed aprire differenti porte di valutazione ed intervento sociale.

6°lezione

La definizione linguistica delle emozioni non è dunque un problema semplicemente nominalistico: dalle parole usate ed usabili all'interno di uno specifico gruppo culturale discendono spesso possibilità di esternazione, regole di modulazione, script ed aspettative sociali.

Tale aspetto ricorda come le emozioni, eventi tangibilmente individuali, siano in realtà ampiamente radicate nell'interazione sociale e ogni gruppo culturale dispone di strumenti ritualizzati per controllare ed elaborare le emozioni personali e collettive: ed è proprio alla forza dei gruppi e dei loro strumenti culturali che si può fare appello nei momenti di forte difficoltà emotiva.

È ciò che i soggetti in età evolutiva fanno regolarmente anche al fuori dei contesti fortemente emotigeni come quelli legati all'emergenza.

In base a quanto detto nei contesti d'emergenza va presa in considerazione la possibilità di parlare ai bambini tenendo conto del loro linguaggio, delle loro capacità di comprensione e della loro necessità di mantenere riferimenti adulti certi.

Infine, anche in età evolutiva le emozioni si riorganizzano attraverso i ricordi e non ci si può dunque adagiare nell'idea che i bambini dimenticano o che il tempo lava ogni ferita: al contrario contenuti emotivi drammatici non elaborati tendono a ritornare in modo reiterato ed il tempo può approfondire le ferite più che affievolire il ricordo.

È dunque necessario predisporre contesti e strumenti opportuni affinché: i bambini possano, con le capacità di cui dispongono, trasformare la realtà emotiva di cui sono stati partecipi.

L'esperienza clinica mostra come strumenti elettivi di questo lavoro possono essere il disegno, la drammatizzazione e la narrazione e quindi è opportuno appena possibile creare contesti d'ascolto sicuri in cui vi siano i materiali ed i tempi necessari per giocare, disegnare e narrare e quelli più utili sono quelli condivisi e culturalmente pregnanti grazie ai quali è possibile confrontare e discutere esperienze e punti di vista.